L’UFFICIO DEL PROCESSO

A quanto leggo sui giornali, l’Ufficio del processo si avvia, piuttosto che a risolvere il contenzioso, a crearne di nuovo: deve ancora partire, ma ha già prodotto due fazioni di scontenti in lotta tra di loro. Da una parte, ci sono i vecchi stagisti, cui la legge, in cambio di un compenso da fame, riservava il titolo preferenziale per l’accesso ai concorsi di magistrato, e ragionevolmente vogliono conservarne la esclusiva pagata con il sacrificio; dall’altra i nuovi addetti che, chiamati a fare mansioni simili (seppur con un miglior trattamento economico) se non addirittura più qualificanti per l’ampliamento dei compiti affidati loro, comprensibilmente rivendicano la medesima pre qualificazione. Per risolvere il contrasto, è stata emanata la solita circolare, evidentemente nella convinzione che i diritti costituiscono una concessione graziosa, che la Pubblica Amministrazione può attribuire o sottrarre a proprio piacimento. Si attende una legge: e naturalmente comincerà un contenzioso sui diritti quesiti. Del resto, in fondo hanno ragione entrambi, ed entrambi sono vittime di scelte legislative adottate pensando a risolvere problemi urgenti dei quali si ha una conoscenza soltanto parziale, e non a quello che è giusto, e quello che non lo è. Lo predicava inutilmente Einaudi: “le leggi frettolose partoriscono nuove leggi, tese ad emendare, a perfezionare. Ma le nuove, essendo dettate dall’urgenza di rimediare a difetti propri di quelle mal studiate, sono inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa d’uopo perfezionarle ancora, sicche’ ben presto il tutto diviene un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi; e si è costretti a scegliere la via di minor resistenza, che è di non far niente e frattanto tenere adunanze e scrivere rapporti e tirare stipendi in uffici occupatissimi a pestar l’acqua nel mortaio delle riforme urgenti”. Se quell’Ufficio deve essere la struttura portante della riforma della giustizia civile che è ormai indispensabile, visto che la fiducia dei cittadini è crollata al 32%, non può nascere in un ginepraio di liti tra precari insoddisfatti che farebbero ostruzionismo: se si vuole la efficienza della giustizia, bisogna per prima cosa riuscire a motivare chi deve farla, magistrati, avvocati e personale amministrativo compresi. L’efficienza della giustizia dipende dalla organizzazione, non dal rito: se non cambieranno i comportamenti, non ci sarà codice che potrà farla funzionare bene.
Antonio de Notaristefani

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