LA TUTELA DELLO STATO DI DIRITTO

Con la sentenza 18 di quest’anno, la Corte costituzionale ha sottolineato ”il ruolo insostituibile che la professione forense svolge per la tutela non solo dei diritti fondamentali del detenuto, ma anche dello stato di diritto nel suo complesso”. E, per questo, ha ritenuto non conforme alla Costituzione una norma che poneva una presunzione generalizzata di collusione dei difensori con sodalizi illeciti.
Per questo, ho letto con molta sorpresa l’intervista di un magistrato, già presidente dell’Anm, che ha dichiarato di essere contrario al referendum sull’inserimento degli avvocati nei consigli giudiziari perché “se non c’è trasparenza i controllori dei magistrati saranno espressione della parte alta dell’avvocatura che rappresenta gli interessi più forti del territorio”.
Naturalmente, ognuno è libero di avere l’opinione che preferisce, circa un referendum che risponde alla sollecitazione dell’Europa ad introdurre degli strumenti di valutazione dei giudici che registrino la soddisfazione degli utenti, e non siano soltanto autoreferenziali, anche se temo che la consultazione non scaldi più di tanto i cuori dei cittadini. Ma devo confessare che quella frase l’ho riletta più volte, perché stentavo a credere di aver capito bene: un magistrato, già presidente di Anm, accusava l’avvocatura in blocco di voler controllare i giudici in rappresentanza degli “interessi più forti del territorio”? Difficile esercitare la giurisdizione, se è questa l’opinione che si ha degli avvocati: il sospetto di collusione del difensore con poteri forti che suo tramite vorrebbero controllare i magistrati mi pare poco compatibile con il rispetto di quel diritto di difesa che costituisce- cito ancora la Corte costituzionale- “principio supremo” dell’ordinamento costituzionale. Forse davvero è venuto il momento di chiedersi se effettivamente la cultura della giurisdizione e delle garanzie del diritto di difesa è ancora diffusa tra tutti i magistrati, oppure se qualcuno tra loro ha finito con il farsi condizionare troppo da quella abitudine al sospetto che dovrebbe essere propria della polizia giudiziaria, ma non dei giudici.

Antonio de Notaristefani

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