LA PREVEDIBILITÀ DELLE DECISIONI, TRA EGUAGLIANZA DEI CITTADINI DINNANZI ALLA LEGGE, EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA E UTILITÀ DELL’AVVOCATO

Ci risiamo: nel mese scorso, la Corte ha deciso in modo diametralmente opposto due vicende identiche. Mi dispiace, per quello tra i due cittadini che ha subito un torto irreparabile (e mi dispiace per la Corte) ma il vero problema è un altro. Oggi, tutti coloro che si troveranno nella stessa situazione, da una parte o dall’altra – e non sono pochi – andranno sino in Cassazione: come dar loro torto, se hanno il 50% delle probabilità di spuntarla?
È questa, una delle principali cause del sovraccarico dei ruoli: perché non dovrei proporre un gravame, se posso sempre sperare nei continui revirement della giurisprudenza? Ed è per questo che, se si vuole incrementare davvero la eguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge, e la efficienza della giustizia, è necessario che questi comportamenti vengano scoraggiati e, perciò, che alla valutazione dei magistrati concorrano anche coloro che sono in grado di giudicare l’impatto che le loro sentenze hanno sulla amministrazione della giustizia, e sulla società. Il diritto di tribuna non basta più.
Per favore, nessuno invochi la necessità di una interpretazione evolutiva (a distanza di dieci giorni?). L’evoluzione della interpretazione della legge è compito nostro, non dei giudici: se si esclude l’ipotesi del principio di diritto nell’interesse della legge, non esistono sentenze innovative, ma solo sentenze che accolgono tesi innovative. Se correttezza e buona fede hanno smesso di essere criteri di mera interpretazione del regolamento contrattuale, ed hanno iniziato ad integrarlo – il che forse ci permetterà di riallocare in modo equo i costi della pandemia –  è stato perché un grande Avvocato, il Prof. Adolfo di Majo, tanti anni fa ha proposto un ricorso per cassazione che ha sovvertito la lettura consolidata di una clausola generale dell’ordinamento.
Per questo, mi viene da sorridere quando penso che c’è chi vuole spendere il denaro dei contribuenti per ideare programmi di intelligenza artificiale che dovrebbero consentire ai cittadini di scoprire da soli se vinceranno o perderanno la loro causa. Quaranta anni dopo che la Corte costituzionale ha stabilito che per garantire in modo effettivo il diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione occorre l’assistenza tecnica – necessaria sin dalla fase della selezione dei fatti rilevanti – c’è chi ipotizza di farne a meno. Devono avere una ben misera opinione del lavoro di noi Avvocati, costoro: evidentemente pensano che noi svolgiamo una attività di denuncia, non di difesa, e non hanno capito che il nostro compito è quello di porre la eccezione alla regola, sottolineare la particolarità di un caso, evidenziare le differenze, proporre la necessità di un‘evoluzione della interpretazione, suggerire la rilevanza dei dettagli. Confesso di non esserne preoccupato più di tanto: degli Avvocati, si sa, è più facile parlare male che fare a meno.
Antonio de Notaristefani

Share