LA GIUSTIZIA CIVILE ALL’EPOCA DELLA PANDEMIA

18.10.2020 – Ci risiamo, purtroppo: è ormai evidente a tutti che siamo ricaduti in piena emergenza, e che le misure diventeranno via via più restrittive, con una progressione che sarà scandita dal bilanciamento tra l’esigenza di contenere i contagi, e quella di evitare le rivolte.

Si torna, ovviamente, a parlare di smart working che, però, nel settore della giustizia non si può fare: il personale di cancelleria continua a non poter accedere da remoto. Certo, corre voce che sarebbero stati acquistati dei computer che potrebbero consentire di farlo: quando? Mistero. Possibile che nessuno di noi debba sapere se la giustizia chiuderà di nuovo, oppure no? Non siamo, noi Avvocati, i necessari partecipi dell’esercizio diffuso della giurisdizione, secondo una felice espressione delle Sezioni unite civili? E non sarebbe il caso di evitare un’altra guerra dei poveri tra Avvocati, che giustamente vogliono continuare a lavorare e difendere i diritti dei cittadini, e personale amministrativo, che comprensibilmente vuole farlo in condizioni di sicurezza: perché non dire con chiarezza cosa si intende fare, e quando, per contemperare le opposte esigenze?

Per ora, molte udienze a trattazione scritta in cui si depositano decine di migliaia di note il più delle volte inutili, perché ci si limita a riportarsi a quello che si è chiesto già, e qualcuna in presenza, in cui chi ne dirige l’andamento il più delle volte protesta contro gli assembramenti che ha creato lui.

Ogni giorno, sui giornali qualche Ministro ci spiega che la pandemia impone di cambiare abitudini: la esortazione non vale, per il mondo della giustizia? La qualità di un servizio, da che mondo è mondo, si misura sul grado di soddisfazione di chi ne usufruisce, ed infatti l’Europa – troppo spesso invocata a sproposito per giustificare riforme scellerate – ci ha chiesto di diffondere questionari tra Avvocati e cittadini che si rivolgono alla giustizia per sapere cosa ne pensano. Ovviamente, non se ne parla nemmeno: meglio non rischiare, ed affidarsi alle percentuali bulgare delle valutazioni di professionalità.

Che sia venuto il momento di pensare ad una riforma davvero epocale e, invece di manomettere il codice di rito, cercare di far sì che il mondo della giustizia civile la smetta di confondere la indipendenza con la autoreferenzialità?

 

Antonio de Notaristefani

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