IL CROLLO DELLA FIDUCIA NELLA MAGISTRATURA

Leggo che la fiducia dei cittadini nella magistratura è crollata al 32%, quando dieci anni fa era al 68%. A risentirne per primi siamo noi avvocati che, facendo da cerniera tra il mondo della giustizia e i cittadini, finiamo con l’essere considerati i garanti del loro diritto ad un processo giusto: lottiamo, prima ancora che per ottenere una decisione equa, perché i rinvii non siano troppo lunghi, non ve ne siano troppi per esigenze di ruolo, i consulenti depositino nei termini, si decida, se non nei tempi stabiliti dalla legge, almeno in quelli suggeriti dal buon senso, ecc. È una lotta impari, ma è il nostro mestiere. Noi vendiamo ai nostri clienti la fiducia nel sistema giustizia, e se quella crolla e’ inevitabile che vada in crisi la nostra professione, e molti la abbandonino. Se le iscrizioni a ruolo, negli ultimi dieci anni, sono calate del 36% non è stato per una raggiunta pace sociale, ma per una rassegnazione che infrange il patto sociale: a quel 36%, la giustizia è stata negata. Per questo, la ricostruzione di quella fiducia serve ai cittadini ed a noi, prima ancora che ai magistrati. Credo poco nella riforma: è una illusione tutta nostra, quella che basti cambiare le norme per modificare i comportamenti. Non funziona così, ed aveva ragione il Presidente della Repubblica ad invocare una rigenerazione etica della magistratura: esiste un’etica del giudicare, che è forse la più alta di tutte. Per recuperarla, non basta un sorteggio, temperato o meno che sia. Ci vuole una reazione di coloro che hanno consentito un degrado del genere con il loro silenzio: certe volte, non si può tacere ed essere innocenti. La degenerazione delle correnti non la hanno permessa gli avvocati, cui nei Consigli giudiziari veniva negata la parola perché non potessero opporsi allo scempio. Ci riusciranno, quei magistrati che hanno sempre lavorato con serietà, pur tollerando quello che stava accadendo? Io spero fortemente di sì, per loro, per i cittadini e per noi avvocati: per poter essere i protagonisti della risoluzione delle liti, come ci viene richiesto, occorre poter nutrire fiducia nella loro gestione, altrimenti gli accordi verranno subiti e non voluti, e la espressione “giustizia complementare”, oggi tanto di moda, continuerà ad avere il sapore di una beffa.
Antonio de Notaristefani

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