Decreto Cura Italia: mediazioni e negoziazioni assistite. Aspetti problematici

Il comma 20 dell’art. 83 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (noto come decreto Cura Italia) prevede testualmente: “Per il periodo di cui al  comma 1 sono  altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge  12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti”.

Dalla lettura testuale del provvedimento emerge quindi che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 sarebbero sospese a) solo le mediazioni e le negoziazioni assistite promosse prima del 9/3/2020 e b) solo quelle in materia obbligatoria (per le mediazioni, cfr. art. 5 D. Lgs. 28/2010, e per le negoziazioni assistite, cfr. art. 3 Legge 162/2014).

E le mediazioni depositate dopo il 9/3/2020? E le mediazioni facoltative? E le negoziazioni assistite attivate dopo il 9/3/2020 e quelle non in materia obbligatoria? Aggiungiamo anche quelle mediazioni disposte dal Giudice ex art. 5, comma 2, D. Lgs. 28/2010 per materie non obbligatorie.

La Relazione Illustrativa che accompagna il decreto non aiuta a dare una risposta poiché ripropone il testo normativo (commettendo persino un errore poiché mediazione e negoziazione assistita vengono definiti “procedimenti di risoluzione giudiziale delle controversie” mentre è noto che essi hanno natura stragiudiziale). La Relazione però pone in evidenza che anche questa sospensione è prevista “per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Questa potrebbe essere la chiave per poter dare un’interpretazione corretta ed orientata della norma.

Tutte le limitazioni contenute nei provvedimenti normativi emessi in questo periodo e tutte le sospensioni e proroghe sono state dettate dall’emergenza da COVID-19, dal carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia, con l’obiettivo primario di evitare il formarsi di assembramenti di persone, evitare ogni occasione di possibile contagio, evitare ogni spostamento delle persone fisiche (salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o da situazioni di necessità ovvero da motivi di salute o dalla necessità di rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza).

Questo è ciò che viene ribadito in quasi ogni articolo del D.L. 18/2020 ed è ciò che possiamo leggere in tutti i provvedimenti dei Tribunali e delle Corti d’Appello laddove sono stati ridotti gli accessi alle cancellerie o limitazioni alle attività processuali (in alcuni Fori è stato persino disposto il divieto di deposito telematico degli atti poiché tale operazione, pur da remoto, imporrebbe la presenza fisica di un cancelliere per le verifiche e lo smistamento degli invii).

Ed allora, tenuto conto che dopo il 9 marzo non è cessato il deposito delle mediazioni (pensiamo ad es. alle opposizioni alle delibere assembleari), deposito che di regola viene effettuato in via telematica, che senso avrebbe non sospendere tali mediazioni e permettere quindi che si svolgano gli incontri presso gli Organismi, obbligando la presenza personale delle parti (prevista come indispensabile anche dalla giurisprudenza), degli avvocati, del mediatore e del personale di segreteria? Che senso avrebbe permettere lo svolgimento degli incontri nelle mediazioni facoltative, che – come noto – ultimamente sono cresciute notevolmente (dimostrando che l’Avvocatura ha compreso la natura ed il valore di questa procedura stragiudiziale)? Che senso avrebbe permettere le riunioni tra parti e difensori in negoziazioni assistite in materia non obbligatoria, riunioni che comporterebbero quegli assembramenti che il legislatore vuole assolutamente evitare e quando in alcune Regioni è stata disposta la chiusura degli studi professionali?

Seguendo la logica del decreto la sospensione dovrebbe essere accordata a tutte le mediazioni ed a tutte le negoziazioni assistite (obbligatorie o facoltative) ed a tutti i procedimenti alternativi.

Gli organismi potrebbero continuare a ricevere (magari telematicamente) le domande di mediazione ma le date degli incontri non potranno per il momento esser fissate poiché “qualunque attività” è sospesa (comma 20, art. 83).

Alcuni si sono posti il quesito se è possibile svolgere una mediazione ovvero una negoziazione assistita in via telematica (il decreto in esame prevede il collegamento in remoto solo per l’attività giudiziaria non sospesa e per le udienze che “non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti” – art. 83, comma 5 e 7). Per i procedimenti di mediazione in qualunque tempo promossi e non costituenti condizione di procedibilità né promossi su invito del Magistrato, alcuni Organismi (come quello dell’Ordine degli Avvocati di Torino) hanno invitato i mediatori a proporre alle parti incontri in modalità telematica con l’ausilio di piattaforme telematiche che garantiscano la piena partecipazione visiva e lo scambio documentale, nonché la massima riservatezza, e nel rispetto di quanto previsto dall’art. 62 del Codice Deontologico Forense (quindi, ad esempio, non Skype).

Tale distinzione delle procedure è giustificata – come visto – dal dettato letterale della norma ma confligge a nostro parere con la ratio delle disposizioni emesse dal Governo, disposizioni emesse in un generale contesto normativo emergenziale. Tutti i provvedimenti emessi (anche in sede giurisdizionale) hanno inteso diminuire la mobilità ed aumentare il distanziamento sociale garantendo solo gli interessi urgentissimi e indifferibili.

A prescindere dalla difficoltà di applicare le classiche regole della negoziazione in via telematica (soprattutto in quelle procedure facoltative, ove è essenziale che il mediatore metta in esecuzione tutte le sue capacità comunicative), possiamo parlare di interessi urgentissimi e indifferibili per le mediazioni volontarie?

Inoltre, l’utilizzo del collegamento in remoto prevede che l’Organismo debba mantenere una segreteria funzionante ed accessibile almeno ai mediatori per poter esaminare quali procedure sono volontarie e quelle no. Quindi, tale necessità di accesso si pone proprio contro la volontà legislativa.

L’utilizzo del collegamento in remoto appare anche difficilmente attuabile nel caso di cd. primi incontri ove la parte invitata non abbia ancora aderito alla procedura.

Ed in caso di mediazioni già avviate ovvero ove l’invitato ha aderito, il mediatore dovrebbe riuscire a stabilire un collegamento tra 4/5 soggetti contattandoli uno per uno ed assicurandosi che dispongano delle piattaforme corrette. E ricordiamo che nelle mediazioni facoltative la parte può anche procedere senza l’assistenza dell’Avvocato.

Appare quindi auspicabile che in questo momento di emergenza sanitaria l’invito a svolgere le mediazioni facoltative non venga raccolto dai mediatori e si spera che in sede di conversione vengano sospese e posticipate a data successiva al 15 aprile tutte le mediazioni e tutte le negoziazioni, allineando tutte le procedure stragiudiziali a quelle giudiziali. Ferma la validità di quelle facoltative eventualmente svoltesi in questo periodo.

Rimangono le perplessità in ordine all’efficacia dello strumento telematico in remoto per la “vera” mediazione, procedura che necessita il rispetto di complesse ed articolate regole psicologiche e comunicative. Ma questo è un altro discorso.

Si suggerisce, infine, una modifica normativa volta ad accordare la sospensione del termine di durata massima delle procedure ADR a tutti i procedimenti, sospensione che l’attuale comma 20 dell’art. 83 cit. prevede solo per le procedure obbligatorie e per quelle avviate prima del 9 marzo.

Share