CHIAREZZA E SINTETICITÀ NEI DECRETI LEGISLATIVI

Nella legge delega sulla giustizia civile, chiarezza e sinteticità sono espressioni che ricorrono spesso, anche in relazione alla (emananda) disciplina delle impugnazioni. Per l’appello, bisogna “prevedere che, negli atti introduttivi dell’appello disciplinati dagli articoli 342 e 434 del codice di procedura civile, le indicazioni previste a pena di inammissibilità siano esposte in modo chiaro, sintetico e specifico” (comma 8 lett. c della legge delega). Se le parole hanno un senso, questo per me significa che chiarezza, sinteticità e specificità non costituiscono un autonomo requisito di ammissibilità della impugnazione, ma criteri ai quali bisogna attenersi nella esposizione degli elementi previsti a pena di inammissibilità, criteri che ai fini della validità potranno essere valutati soltanto nei limiti in cui lo consente l’art. 156 sul mancato raggiungimento dello scopo. Vale altrettanto per il ricorso per cassazione: deve contenere la esposizione dei fatti e dei motivi, e devono essere chiara ed essenziale la prima, e chiara e sintetica la seconda. Se per caso espongo qualche fatto che viene poi ritenuto irrilevante, nessuno deve ipotizzare di poter dichiarare inammissibile il ricorso, perché la esposizione dei fatti non è stata essenziale. Lo chiarisce in modo inequivocabile, secondo me, il comma 17 lett. e della stessa legge delega, che vieta le sanzioni sulla validità degli atti per violazione della specifiche tecniche sulla forma, e precisa che di quelle sui criteri e sui limiti redazionali si può tenere conto soltanto ai fini del regolamento delle spese. Forse sarebbe stato più utile premiare chi riesce ad essere chiaro e sintetico, ma viviamo tempi difficili, e molti con il processo civile hanno un approccio punitivo. È andata così. Ma non si possono introdurre oggi come requisiti di ammissibilità di una impugnazione criteri discrezionali (arbitrari?) quanto possono esserlo essenzialità, chiarezza e sinteticità, che nemmeno ricordo di avere studiato all’università o per la preparazione all’esame di Stato. Prima ancora che vietarlo la legge delega, lo esige la giustizia e la coscienza: i processi civili si fanno per stabilire chi ha ragione e chi ha torto, non per celebrare dei simulacri di procedimenti astrattamente validi, e il processo civile è un mezzo, e non un fine, perché lì si decide delle sorti degli esseri umani, non della eleganza della esposizione.
Antonio de Notaristefani

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